Cornel Tatai-Baltă/Ioan Fărcaş – The Iconostasis of the “Saint Trinity” Greco-Catholic Cathedral from Blaj (XVIII century)

 

Cornel Tatai-Baltă/Ioan Fărcaş – The Iconostasis of the “Saint Trinity” Greco-Catholic Cathedral from Blaj (XVIII century)

Cornel Tatai-Baltă/Ioan Fărcaş – L’iconostase de la Cathédrale Greco-Catholique « Sainte Troisième » de Blaj (XVIIIème siècle)

Cornel Tatai-Baltă/Ioan Fărcaş – Iconostasul Catedralei Greco-Catolice „Sfânta Treime” din Blaj (sec. XVIII) (Alba Iulia, Editura ALTIP, 2011, 236 p. + il.) [L’Iconostasi della Cattedrale Greco-Cattolica Santa Trinitàdi Blaj (XVIII secolo)]

Mircea-Alexandru GLIGOR

Universitatea de Vest “Vasile Goldiş” din Arad

La città di Blaj è senza alcun dubbio un importante punto di riferimento nell’evoluzione culturale del popolo romeno dalla Transilvania e della diffusione dell’Illuminismo in questa parte dell’Europa. L’affermazione della città coincide con l’anno 1737, quando Inochentie Micu-Klein stabilisce la sede del Vescovato Greco-Cattolico a Blaj. Negli anni successivi – sotto la cura del Vescovo Petru Pavel Aron -, la città viene arricchita di una tipografia romena e con la fondazione dell’insegnamento in lingua romena. Grazie alla Scuola Transilvana (Şcoala Ardeleană), Blaj diventa il centro “del movimento ideologico, culturale e politico di carattere illuminista” (p. 9), con forti echi durante la Rivoluzione del 1848, evento-simbolo per la riconferma che una gran parte degli intellettuali romeni dalla Transilvania si trovasse proprio qui. Nonostante il modesto numero dei suoi abitanti, Blaj mantiene tuttora la sua importanza nella cultura e nei culti religiosi romeni per la presenza della Sede della Chiesa Romena Unita e di un notevole numero di monumenti di un valore storico inestimabile, tra i quali anche la Cattedrale Barocca Greco-Cattolica „Santa Trinità”, con il suo magnifico Iconostasi.

Il libro del Professor Cornel Tatai-Baltă e di Padre Ioan Fărcaş e` la rimodulazione testuale della simbologia e dell’importanza dell’Iconostasi sotto aspetto storico, architetturale e artistico; è la ricostruzione a parole scritte dell’Iconostasi come un mosaico, però senza mai allontanarsi dalla fluidità delle idee e della loro profondità. L’immagine segue l’asse dal contestuale al dettaglio, tramite la giustapposizione della tematica storica e religiosa su quella artistica. Il libro contiene un impressionante numero d’illustrazioni per ogni singolo dettaglio pittorico ed architetturale dell’Iconostasi; è la descrizione a parole, però la quella che arriva senza sforzi ad un’immagine organica, delineandosi in un modo armonioso e chiaro nella mente del lettore. La struttura a capitoli del libro mantiene proprio questo schema. I capitoli introduttivi sono preceduti dalle Parole di Benedetto Lucian Mureşan (p. 7) e del Sindaco Valentin Rotar (p. 8), dedicate alla Cattedrale Greco-Cattolica di Blaj e alla città che la sta ospitando, due simboli dello spirito romeno in Transilvania.

La storia culturale ed artistica della Cattedrale Greco-Cattolica „Santa Trinità” di Blaj viene evocata nel capitolo (p. 12-19) che presenta l’Iconostasi e la sua singolarità nel territorio romeno. Il monumento è un simbolo dell’architettura nazionale ed oltretutto; il primo edificio Barocco mai costruito in Transilvania. La Cattedrale, che ha un forte legame con l’evoluzione di Blaj nell’affermazione dell’identità nazionale dei romeni, fu eretta per iniziativa di Inochentie Micu-Klein, aventi come architetto Giovanni Battista Martinelli, dalla Corte Imperiale di Vienna (p. 12). L’Iconostasi è stato sempre esposto come il più imponente e valoroso dall’intera cultura romena. Nonostante ciò, il Professor Tatai-Baltă è il primo a descrivere l’opera in tutta la sua complessità e in ogni suo dettaglio, in una maniera profonda, definitoria e coerente. L’iconostasi viene considerato il più grande dalla Romania. Esso fu prima di tutto l’opera scolpita – in legno di tiglio – del maestro Aldea di Târgu Mureş (p. 14), che implementò nella sua opera la tecnica del Barocco Postbrâncovenesc. La strada di questo stile locale viene cosi aperta all’intera Transilvania (p. 15). Lo scultore fecce parte di un gruppo di artisti tedeschi di formazione barocca e la sua opera è gia in se stessa un capolavoro. Il frontone, che corona l’Iconostasi, suggerisce le ali aperte di un’aquila, come simbolo Di Dio (p. 16). Le rappresentazioni pittoriche sono state realizzate in gran parte dall’artista Ştefan Teneţchi di Arad ed il resto da Grigorie Ranite (o Hranite) di Craiova.

Dal terzo al nono capitolo (p. 20-91) vengono esposti i quadri pittorici dell’Iconostasi, percorrendo la via dalle Porte Imperiali (p. 20-35) al Crocifisso (p. 88-91). Il libro ricorre i metodi della facilitazione della comprensione testuale, mantenendo un ritmo equilibrato tra la spiegazione del dettaglio e la descrizione contestuale artistica e religiosa, senza mai diventare esaustivo. Percorrendo il suddetto percorso, Le Porte Imperiali sono la principale via d’accesso per ogni iconostasi. Esse sono il simbolo di Gesù Cristo, Il Quale, grazie al dualismo della sua natura, rappresenta la connessione fra la transitorietà dell’uomo e la purità assoluta Di Dio. L’iconostasi diventa la porta del Paradiso (simboleggiato dall’altare), l’accesso „tramite la catechesi preparatoria dello splendore delle icone e del modo nel quale esse vengono organizzate” (p. 29). Il complesso scultorico e pittorico delle Porte Imperiali danno all’Iconostasi della Cattedrale di Blaj la caratteristica di un’opera unica al livello nazionale (p. 21). Le Icone Imperiali (compreso le Porte), sono le uniche firmate da Ştefan Teneţchi. Nonostante ciò, non c’è alcun dubbio che lui fosse l’autore dell’intero Iconostasi, tranne al registro superiore dei profeti e la Croce della Crocifissione (p. 24). Ştefan Teneţchi si affermò come uno dei più grandi pittori del XVIII secolo. Le sue rappresentazioni pittoriche sull’Iconostasi di Blaj sono un’associazione dello stile bizantino a quello occidentale. Dal punto di vista cromatico ha usato „sapientemente il contrasto degli elementi (…) e dei colori caldi e freddi” (p. 27). È riuscito, insomma, a dimostrare la profonda conoscenza della Scrittura e delle „ordinanze liturgiche”. Il Professor Tatai-Baltă rintraccia le caratteristiche artistiche del pittore sotto gli auguri dellarmonia e dell’equilibrio, del ritmo e dell’accordo tra i colori (p. 30).

Le Porte Diaconali (p. 36-44) raffigurano i Santi Arcidiaconi Laurenţiu e Ştefan, rappresentati in piedi, un po appoggiati (p. 37). I tratti femminei che si notano nel loro aspetto sono una caratteristica del pittore che viene spesso iterata nei suoi personaggi (p. 38).

Grazie alla dimensione dell’Iconostasi, Ştefan Teneţchi riuscì in questa „più dell’est di tutte le sue opere” (p.45) ad inserire sei, invece di quattro, Icone Imperiali (p. 45-58). Gli autori del libro rincorrono alla decomposizione stilistica in correnti primari, nell’evocazione dei personaggi dipinti in olio su tavola. Lo sfondo, l’attitudine ed i costumi sono d’influenza bizantina; l’anatomia, la geometria spaziale e la diversità cromatica appartengono però al mondo occidentale (p. 45-46). Le ricerche e l’analisi stilistica, effettuata dal Professor Tatai-Baltă, hanno rivelato un’interferenza di elementi del Barocco Ucraino o dell’Europa Centrale, insieme ad una notevole influenza veneta, sullo sfondo della tradizione bizantina (p. 55).

Con l’ascensione sulla verticale si può notare una liberalizzazione dell’espressività dei personaggi, nello stile pittorico di Ştefan Teneţchi. A tale riguardo, nelle Icone delle Grandi Feste (p. 59-78), la caratteristica diversa dal registro inferiore dell’Iconostasi è l’umanizzazione e l’alleggerimento dei movimenti, „i personaggi bibbici manifestano esperienze mistiche autentiche” (p. 59). La forte influenza barocca si raffigura più che altro nella gestualità retorica e teatrale. Ci sono dodici icone, interrotte nel punto centrale dalla Santa Trinità. Uso la parola „interrotto”, perché, cosi come viene dimostrato anche dagli autori, se la Santa Trinità può inquadrarsi nello stile iconografico occidentale, il resto delle icone (tranne alla Resurrezione e alla Resurrezione e l’Ascensione al Cielo della Vergine) appartengono alla tematica ed all’ambiente bizantino (p. 60). Anchè se la stilistica rispetta il movimento e la cromatica del Barocco dell’ Europa Centrale e quello Russo-Ucraino, „la raffinatezza e la delicatezza dei tratti ci dirige l’attenzione verso la pittura del Rinascimento Italiano” (p. 77).

Il Registro degli Apostoli (p. 79-82) riconferma il talento indiscutibile di Ştefan Teneţchi. Tutti i dodici apostoli vengono „individualizzati ed umanizzati, vecchi, maturi o giovani”, sono tutti personaggi rappresentati con una differenza chiara tra di loro, raffigurati su uno sfondo naturale, stando in piedi su nuvole o appoggiati su colonne (p. 80). La sistemazione degli apostoli o dei santi su nuvole è specifica più che altro al modello ucraino (p. 82), adottato dal pittore grazie ai suoi contatti con lo spazio dove è nato questo stile.

Il Registro dei Profeti (p. 83-87) non tradisce per nulla l’armonia dell’insieme pittorico, nonostante l’autore è in questo caso Grigorie Ranite (Hranite) di Craiova. L’artista si occupò con la decorazione del frontone a volte barocche, che ospitano dodici tondi rappresentando profeti messianici del Vecchio Testamento, ed un tredicesimo, della Vergine Orante (p. 83). Il pittore ebbe un importante contributo, grazie alla sua appartenenza alla tradizione brâncovenească, e la sua contribuzione all’Iconostasi regalò uno spirito di „romenità” all’intero complesso artistico. Nonostante questo, il forte interesse per gli effetti decorativi e la cromatica percussiva, insieme alle attitudini gieratici dei profeti e della Vergine, fa si che Grigorie Ranite si distingue da Ştefan Teneţchi, per il suo spirito conservatorio, più vicino all’arte della tradizione bizantina (p. 86-87). Gli stessi principi saranno rispettati dal pittore anche per la Crocifisso (p. 88-91), dove Gesù viene rappresentato a occhi chiusi, tecnica specifica dell’arte bizantina del VIII-IX secolo, ma questo atteggiamento conferisce a Cristo una gestualità più naturale (p. 88).

In conclusione (p. 92-95) ci ritroviamo di fronte all’immagine di un’opera nella quale la scultura nello stile brâncovenesc si ritrova in una perfetta sintonia con la pittura che si aiuta dalla tecnica e la stilistica occidentale e bizantina. L’iconografia segue in una maniera metaforica la descrizione del Rito Greco-Cattolico; infatti, ci sono poche rappresentazioni col origine nell’Occidente, tutto il resto appartenendo all’area ortodossa. Anche se osserviamo una certa rigidità nei dipinti di Grigorie Ranite, Ştefan Teneţchi, invece, contribuisce alla sua pittura con l’eleganza, la raffinatezza e l’ampollosità del Barocco. I due rimangono, nonostante tutto, complementari e riescono insieme a mantenere l’unità dell’opera.

L’Iconostasi della Cattedrale Greco-Cattolica „Santa Trinità” di Blaj (XVIII secolo) del Professor Cornel Tatai-Baltă e di Padre Ioan Fărcaş, rimane, prima di tutto, unico per la prevalenza del soggetto e la descrizione di ogni singolo aspetto definitorio o complementare. E` anche una celebrazione metaforica della complessità dello spazio transilvano, segnato dalle sue diverse culture. L’Iconostasi può essere interpretato come una sintonia artistica che è riuscita ad avvicinare l’arte e la cultura appartenente a gruppi etnici, in sembianza, molto diversi. Il libro del Professor Cornel Tatai-Baltă e di Padre Ioan Fărcaş occupa un’importante posto nella storiografia moderna artistica (e non solo), per l’armonia e la fluidità delle idee esposte, per la trascendenza oltre i limiti dello spazio transilvano, in un contesto europeo, integrando ogni dettaglio dell’Iconostasi nel perimetro stilistico, senza rovinare l’unità artistica. Si tratta di un libro evocativo tramite il suo proprio valore; di un’espressione che da onore alla complessità artistica di queste parti del continente; un lavoro scientifico che rispetta profondamente il passato e l’eredità lasciata alla Transilvania dai suoi antenati.